Rendimento elevato non significa assenza di rischio
Negli ultimi mesi, sempre più investitori stanno tornando ad investire in obbligazioni ad alta cedola, attratti da rendimenti che, in alcuni casi, superano il 6%. Dopo anni di tassi bassi, la tentazione è forte: avere cedole regolari e consistenti sembra una soluzione semplice per ottenere reddito.
Ma, come spiegheremo in questo articolo, il rendimento non racconta mai tutta la storia. Dietro ogni punto percentuale in più si nascondono rischi valutari, di credito e di volatilità che vanno compresi prima di investire.
In questo articolo vedremo insieme quali sono i titoli di Stato più interessanti del momento, analizzando anche i rischi concreti che accompagnano rendimenti così elevati.
Treasury USA: solidità ma con rischio di cambio
Partiamo dagli Stati Uniti. Le Treasury Note 2034 offrono una cedola del 4,375%, ma essendo sopra la pari, il rendimento effettivo a scadenza si attesta intorno al 4%.
Pur trattandosi del mercato obbligazionario più sicuro e liquido al mondo, esistono due rischi da considerare:
- Rischio di cambio: per un investitore in euro, l’esposizione al dollaro comporta una maggiore volatilità del portafoglio.
- Rischio Paese (minimo ma reale): l’aumento del debito USA e del deficit fiscale ha fatto crescere il costo dei Credit Default Swap, segnale di un rischio leggermente superiore rispetto al passato.
Titoli di stato rumeni: alti rendimenti, rating al limite
I bond della Romania sono molto popolari tra gli investitori europei grazie a cedole anche oltre il 5% e all’assenza di rischio di cambio (sono denominati in euro).
Tuttavia, dietro il rendimento si nasconde una realtà più complessa.
- Rating BBB con outlook negativo: un eventuale declassamento li porterebbe nella categoria “non investment grade”.
- Rischio politico e fiscale: deficit elevato e crescita del PIL quasi piatta nel 2025.
- Dipendenza dall’euro: se la moneta locale dovesse indebolirsi, i costi di rifinanziamento del debito aumenterebbero rapidamente.
In sintesi: cedola alta sì, ma rischio concreto di declassamento.
Obbligazioni Grecia: ritorno alla normalità (ma con memoria del passato)
La Grecia offre titoli con cedole step-up, come il bond 2037 al 4,3%. Dopo la crisi del debito del 2010–2018, il Paese è tornato a essere considerato affidabile, ma non privo di fragilità:
- Il debito/PIL resta tra i più alti d’Europa.
- Gli spread rispetto ad altri Paesi europei si sono ridotti, ma potrebbero tornare ad allargarsi in caso di nuova tensione economica.
Questi titoli sono denominati in euro, quindi nessun rischio di cambio, ma rischio duration significativo sulle scadenze più lunghe.
Titoli di stato messicani: rendimenti sopra il 6% ma rischio valutario
Tra i Paesi emergenti, il Messico è una delle economie più solide. Un titolo a lunga scadenza offre una cedola del 4,75% e un rendimento a scadenza del 6,33%.
I punti di forza:
- Debito/PIL sotto il 50%, rating investment grade.
- Peso messicano relativamente stabile negli ultimi anni.
Ma attenzione ai rischi:
- Questi titoli sono in dollari o pesos, c’è quindi un rischio di cambio significativo.
- Dipendenza dagli USA: l’80% dell’export messicano è diretto oltreoceano.
Un eventuale rallentamento dell’economia americana colpirebbe direttamente la crescita messicana.
Obbligazioni Brasile: rendimenti altissimi, rischio altissimo
Il Brasile propone obbligazioni con cedole del 7,125% e rendimenti a scadenza superiori al 6%.
Numeri allettanti, ma il contesto è più fragile:
- Inflazione sopra il 5%.
- Debito in valuta straniera e indicizzato all’inflazione, quindi più vulnerabile.
- Rating speculativo (non investment grade).
- Real brasiliano debole, con forte volatilità sui titoli in valuta locale (fino al 14% di rendimento nel 2025).
Ottimi rendimenti nominali, ma rischio concreto di perdita reale in caso di shock valutario o inflattivo.
Titoli di stato australiani: rendimento moderato, qualità AAA
L’Australia rappresenta una via di mezzo tra rendimento e sicurezza.
Un bond con cedola del 4,5% offre un rendimento netto intorno al 4%, con rating AAA e debito/PIL del 35%.
Tuttavia, anche qui esistono variabili da considerare:
- Titoli in dollari australiani, quindi rischio di cambio.
- Economia fortemente legata all’export di materie prime verso la Cina.
- Un calo della domanda globale potrebbe indebolire la valuta.
Perfetti per diversificare, ma da ponderare con attenzione per chi investe in euro.
Titoli di stato britannici (Gilt): rendimento alto ma inflazione persistente
Il Regno Unito offre titoli con rendimenti sopra il 4%, soprattutto sulle scadenze brevi.
Nonostante un rating ancora solido, presenta alcune criticità:
- Inflazione ancora al 3–4%, più elevata della media europea.
- Debito in crescita e fiducia dei mercati in calo.
- Titoli trentennali ai massimi di rendimento degli ultimi 25 anni.
Sterlina volatile, con rischio cambio evidente per investitori dell’Eurozona.
Cosa considerare prima di investire in obbligazioni ad alta cedola
Prima di acquistare un titolo con rendimento elevato, è fondamentale capire perché quel rendimento esiste. Spesso è la ricompensa per un rischio che il mercato sta già prezzando.
Il primo aspetto da considerare è la duration: più lunga è la scadenza, più il prezzo sarà sensibile alle variazioni dei tassi. Se si investe in un titolo decennale ma si pensa di venderlo prima, il rischio di perdita in conto capitale è reale.
Va poi valutato l’impatto dell’inflazione. Un titolo che offre il 4% in un contesto di inflazione al 3% genera un guadagno reale di appena l’1%. Guardare solo al numero nominale della cedola può portare a decisioni fuorvianti.
Un ulteriore elemento da non sottovalutare riguarda la compensazione delle minusvalenze. Quando si acquistano titoli di Stato o obbligazioni sul mercato secondario, può accadere che — al momento della vendita — si realizzi una perdita nominale (minusvalenza) anche se nel complesso si è incassata una buona cedola nel tempo. Questa minusvalenza può essere utilizzata per compensare plusvalenze future, derivanti ad esempio da fondi, ETF o azioni.
In pratica, una corretta gestione delle minusvalenze permette di ottimizzare la tassazione complessiva del portafoglio, migliorando il rendimento netto senza aumentare il rischio. È quindi utile, soprattutto per chi gestisce più strumenti finanziari, tenere conto della componente fiscale e pianificare strategicamente i realizzi.
Infine, attenzione al rischio di concentrazione. Riempire il portafoglio di obbligazioni “ad alta cedola” di Paesi emergenti significa aumentare il rischio complessivo, riducendo quella stabilità che la componente obbligazionaria dovrebbe invece garantire.
Un portafoglio ben costruito deve essere diversificato per area geografica, valuta e rating, bilanciando rendimento, rischio e impatto fiscale.
Conclusione: più rendimento ≠ più sicurezza
I titoli di Stato ad alta cedola possono avere un ruolo in un portafoglio ben bilanciato, ma vanno sempre scelti con criterio. Un buon rendimento non è di per sé sinonimo di convenienza: è la ricompensa per accettare un rischio maggiore.
Per questo motivo, prima di investire è essenziale valutare il portafoglio nel suo complesso, capire il proprio orizzonte temporale e, se necessario, farsi affiancare da un consulente indipendente.
L’obiettivo non è trovare il titolo “più redditizio”, ma quello più coerente con i propri obiettivi e la propria tolleranza al rischio.
FAQ: Domande frequenti sui titoli di stato ad alta cedola
Non sempre, ma in generale un rendimento elevato segnala un rischio maggiore (valutario, creditizio o politico).
Per chi vive in area euro, i titoli denominati in euro eliminano il rischio di cambio, ma offrono rendimenti inferiori.
Possono offrire rendimenti molto interessanti, ma vanno inseriti solo come quota marginale del portafoglio, per aumentare la diversificazione.
Significa che il titolo è venduto a un prezzo superiore a 100: la cedola è alta, ma il rendimento effettivo a scadenza può essere inferiore.
Attraverso indicatori come il Credit Default Swap (CDS) e il rating delle principali agenzie (S&P, Moody’s, Fitch).
È la sensibilità del prezzo di un’obbligazione alle variazioni dei tassi d’interesse: maggiore la durata, maggiore la volatilità.
Gli ETF permettono una diversificazione immediata e riducono il rischio specifico del singolo emittente, ma introducono costi di gestione e minore controllo sulle scadenze.
Un titolo è considerato investment grade se il rating è BBB- o superiore (secondo S&P e Fitch), oppure Baa3 o superiore (secondo Moody’s).